<  Torna indietro

Il sogno di Yun al museo Ettore Fico

Il suggestivo luogo d’arte di Torino ha fatto da sfondo al concerto dedicato al compositore coreano, nell’ambito dell’EstOvest Festival

Interamente dedicato alla musica del ’900, l’EstOvest Festival ha la capacità di proporre programmi ben studiati e scegliere gli interpreti adatti ad eseguirli. È stato infatti il caso del concerto di sabato 26 novembre, svoltosi presso il Museo Ettore Fico di Torino e interamente dedicao alla figura di Isang Yun. “Coree, Corea. Il sogno di un musicista” recitava il titolo del concerto che, tenendovi fede, ha cercato di restituire con successo un affresco variegato eppure reale del compositore. Di questo sono stati eseguiti Piri per oboe solo, Glissées per violoncello solo, Ost-West Miniaturen per oboe e violoncello, Tapis per quintetto d’archi e Together per violino e contrabbasso.

Agli archi dello Xenia Ensemble si sono uniti per l’occasione Omar Zoboli all’oboe e Alberto Bocini al contrabbasso. Proprio con un brano per oboe solo è dunque iniziato il concerto, scegliendo la lunga meditazione di Piri come introduzione al raffinato linguaggio sonoro di Yun. Omar Zoboli ha dato prova di straordinaria tenuta nell’impegnativo brano, che spinge frequentemente l’oboe sul registro dei sovracuti e, ben curando le cesure, è riuscito a rendere i singoli moduli del brano non consecutivi e a dare dunque quella stasi temporale così caratteristica. Nel gioco di alternanze Oriente-Occidente, il violoncello di Claudio Pasceri ha svolto il ruolo di richiamo alla tradizione musicale occidentale, sia nel suggestivo Glissées che nelle Ost-West Miniaturen, le quali hanno offerto al pubblico un dialogo tra i due musicisti fatto sì di contrasti, ma anche di molti punti in comune.

Più occidentale e dal sapore vagamente espressionista, Tapis ha visto Pasceri riunirsi al suo quartetto, che, con l’aggiunta di Bocini,ha eseguito splendidamente il brano, probabilmente il più familiare all’orecchio degli ascoltatori. Alternandosi con efficacia tra singole voci e pastosità di insieme sonoro, il quintetto d’archi si è dimostrato solido sotto ogni aspetto, non ultimo quello tecnico: veramente ineccepibile. A chiusura del programma Together ha voluto rappresentare una delle idee fondanti di Yun, chiudendo il concerto con il suo sogno: le due Coree nuovamente unite, nuovamente insieme. Il duetto è stato ulteriore occasione di ammirare la solidità tecnica del primo violino del quartetto, Adrian Pinzaru, e del contrabbassista Alberto Bocini, ma anche un secondo sguardo all’abilità di Isang Yun nel far dialogare due strumenti apparentemente così lontani, quasi agli estremi. Un percorso ben strutturato dal coordinatore artistico del Festival, Claudio Pasceri, che insieme a Omar Zoboli ha anche offerto una sintetica spiegazione tra un brano e l’altro, per meglio guidare il pubblico.

Un’ultima nota di merito va alla sede del concerto, il Museo Ettore Fico. La scelta di posizionare l’evento all’interno di un’installazione artistica e di poter avere un biglietto unico per visitare il museo e assistere al concerto si è rivelata vincente anche da un punto di vista estetico: un ulteriore dialogo, in questo caso tra arti. Vista l’efficacia del connubio, viene da desiderare un dialogo più frequente tra l’arte dal dopoguerra ai giorni nostri con la musica coeva, a dimostrazione che molto spesso la cornice del concerto influisce marcatamente con la ricezione del suo contenuto.

di Alessandro Tommasi per la rivista AMADEUS online